martedì 17 febbraio 2009
venerdì 6 febbraio 2009
aggiornamento
6.2.09: comunico la prossima pubblicazione, entro l' anno del mio secondo libro, una raccolta di racconti che avrà il titolo "I dialoghi di Umberto"
Ecco un breve estrato:
Mi racconti una favola? – chiese, un giorno Gaia, stiracchiata sul letto, al nonno.
Umberto, sistematosi gli occhiali che scivolavano perché aveva storto accidentalmente le astine, bofonchiò un attimo e poi cominciò:
- C’ era una volta un re … il re Gino.
- Che periodo era? – chiese Gaia, stiracchiandosi ulteriormente ed iniziando a prestare attenzione.
- I tempi di Aragorn - disse Umberto – il re Gino era un re globalmente buono … insomma, medio, come si poteva essere re a quei tempi.
Un giorno, e qui comincia la favola, morì, nel suo piccolo reame, il giudice. Sai a quei tempi bastava un sol giudice. La giustizia era sommaria, cercava di essere giusta e ogni sentenza serviva da esempio per tutti. Il boia stesso era in grado di autogestirsi usando le sentenze che conosceva come modello. A volte faceva prendere uno che gli faceva antipatia, inventava un reato e lo giustiziava seduta stante. Re Gino, che era comprensivo, lo lasciava fare, per dargli fiducia e autonomia e fargli tenere la mano allenata.
Dicevo, un giorno morì il giudice e bisognava sostituirlo. Fu bandito il concorso per il prestigioso incarico di giudice giusto ma, sorprendentemente, scaduti i termini, nessuno di coloro che possedeva i titoli aveva presentato la domanda.
Il re era molto meravigliato di ciò. Rifece il bando aumentando lo stipendio per l‘ alta carica. Passò un mese e nessuno aveva presentato ancora la domanda. Allora il re, rimasto senza giudice mentre le cause si accumulavano in tribunale, ripetè, per la terza volta, il bando, questa volta promettendo in premio, a colui che potesse presentarsi coi titoli dovuti per il ruolo di giudice giusto, nientemeno che la mano della stessa sua figlia, la principessa Prudenzia.
Questa volta, dopo un mese, l’ ultimo giorno prima della scadenza dei termini, venne presentata finalmente una domanda. Il re, dopo un gran sospiro, fece chiamare l’ aspirante giudice sperando di conferire l’ incarico ma quale fu la sua meraviglia quando davanti a sé, piccolo nella gran sala del trono, lacero e sporco, vide presentarsi un ragazzino di non più di undici anni, Ignazino, il figlio della cuoca. Il primo istinto del sovrano, mosso dall’ ira, fu di scendere dallo scranno, dove si era assiso in pompa magna, e prenderlo a sberle ma si trattenne, contando fino a dieci.
- Ignazino, che scherzo è questo?
- Maestà, sono pronto a diventare il tuo giudice giusto, per amore della bella principessa Prudenzia dagli occhi di cielo.
- Non pensi di essere troppo precoce per fidanzarti con mia figlia? - chiese re Gino, incerto se scaraventargli lo scettro in testa o se scoppiare a ridere, mentre i dignitari di corte, intorno, cominciavano ad adirarsi, il boia iniziava a valutare la misura del collo del ragazzino per preparare il cappio e le belle dame, pudiche, nascondevano il sorriso dietro i ventagli.
- Niente affatto – rispose il ragazzino – intanto perché la bella Prudenzia, oltre a begli occhi del colore del mare in tempesta nonché delle viole mammole in sboccio, ha anche poppe che fanno sfigurare la mucca dello zio Onofrio e poi perché certamente le darai in dote tanti di quei fagioli e tanta di quella farina che io e mia madre potremo campare da signori tutta la vita anziché continuare ad aggiungere buchi alla cintura dei miei pantaloncini, grazie allo stipendio misero e sempre in ritardo che il tuo economo elargisce a mamma solo quando è di buon umore e non senza averle prima scroccato qualche bacetto improprio.Passarono altri mesi e il buon re Gino, a parte aver dovuto sopportare gli oltraggi del moccioso, non era ancora riuscito a trovare nessuno disposto a fare il giudice.
Ecco un breve estrato:
Mi racconti una favola? – chiese, un giorno Gaia, stiracchiata sul letto, al nonno.
Umberto, sistematosi gli occhiali che scivolavano perché aveva storto accidentalmente le astine, bofonchiò un attimo e poi cominciò:
- C’ era una volta un re … il re Gino.
- Che periodo era? – chiese Gaia, stiracchiandosi ulteriormente ed iniziando a prestare attenzione.
- I tempi di Aragorn - disse Umberto – il re Gino era un re globalmente buono … insomma, medio, come si poteva essere re a quei tempi.
Un giorno, e qui comincia la favola, morì, nel suo piccolo reame, il giudice. Sai a quei tempi bastava un sol giudice. La giustizia era sommaria, cercava di essere giusta e ogni sentenza serviva da esempio per tutti. Il boia stesso era in grado di autogestirsi usando le sentenze che conosceva come modello. A volte faceva prendere uno che gli faceva antipatia, inventava un reato e lo giustiziava seduta stante. Re Gino, che era comprensivo, lo lasciava fare, per dargli fiducia e autonomia e fargli tenere la mano allenata.
Dicevo, un giorno morì il giudice e bisognava sostituirlo. Fu bandito il concorso per il prestigioso incarico di giudice giusto ma, sorprendentemente, scaduti i termini, nessuno di coloro che possedeva i titoli aveva presentato la domanda.
Il re era molto meravigliato di ciò. Rifece il bando aumentando lo stipendio per l‘ alta carica. Passò un mese e nessuno aveva presentato ancora la domanda. Allora il re, rimasto senza giudice mentre le cause si accumulavano in tribunale, ripetè, per la terza volta, il bando, questa volta promettendo in premio, a colui che potesse presentarsi coi titoli dovuti per il ruolo di giudice giusto, nientemeno che la mano della stessa sua figlia, la principessa Prudenzia.
Questa volta, dopo un mese, l’ ultimo giorno prima della scadenza dei termini, venne presentata finalmente una domanda. Il re, dopo un gran sospiro, fece chiamare l’ aspirante giudice sperando di conferire l’ incarico ma quale fu la sua meraviglia quando davanti a sé, piccolo nella gran sala del trono, lacero e sporco, vide presentarsi un ragazzino di non più di undici anni, Ignazino, il figlio della cuoca. Il primo istinto del sovrano, mosso dall’ ira, fu di scendere dallo scranno, dove si era assiso in pompa magna, e prenderlo a sberle ma si trattenne, contando fino a dieci.
- Ignazino, che scherzo è questo?
- Maestà, sono pronto a diventare il tuo giudice giusto, per amore della bella principessa Prudenzia dagli occhi di cielo.
- Non pensi di essere troppo precoce per fidanzarti con mia figlia? - chiese re Gino, incerto se scaraventargli lo scettro in testa o se scoppiare a ridere, mentre i dignitari di corte, intorno, cominciavano ad adirarsi, il boia iniziava a valutare la misura del collo del ragazzino per preparare il cappio e le belle dame, pudiche, nascondevano il sorriso dietro i ventagli.
- Niente affatto – rispose il ragazzino – intanto perché la bella Prudenzia, oltre a begli occhi del colore del mare in tempesta nonché delle viole mammole in sboccio, ha anche poppe che fanno sfigurare la mucca dello zio Onofrio e poi perché certamente le darai in dote tanti di quei fagioli e tanta di quella farina che io e mia madre potremo campare da signori tutta la vita anziché continuare ad aggiungere buchi alla cintura dei miei pantaloncini, grazie allo stipendio misero e sempre in ritardo che il tuo economo elargisce a mamma solo quando è di buon umore e non senza averle prima scroccato qualche bacetto improprio.Passarono altri mesi e il buon re Gino, a parte aver dovuto sopportare gli oltraggi del moccioso, non era ancora riuscito a trovare nessuno disposto a fare il giudice.
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